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Problem solving per ragazzi - Parte 4: Allenarsi alla soluzione

E' arrivato il momento di uscire e non ha le scarpe o non è pettinata. Le sto facendo il countdown dei minuti da quando si è alzata. 
Come posso insegnarle a fare da sola, a svolgere i semplici compiti del mattino senza doverglieli ripetere ogni minuto? 
Come posso farle capire che può cavarsela senza che le spiani la strada passo dopo passo?

Finalmente è andata a scuola. Posso sistemare velocemente la casa prima di andare in ufficio. Il suo armadio è aperto (penso a quante volte le dico di chiuderlo per non farci dormire i gatti) e la luce è rimasta accesa. La spegno dicendomi che per fortuna non sono uscita subito e che - mannaggia! - le ho detto almeno un milione di volte di spegnerla quando esce.

Per gestire meglio la routine del mattino ho trovato una soluzione piuttosto pratica con delle to-do-list, ma non tutti i problemi sono circoscritti alla casa e prevedibili come un ritardo a scuola.
Quello che vorrei è sviluppare nei miei figli la consapevolezza di cosa è necessario fare per raggiungere un obiettivo.
Fintanto che erano piccoli, impartivo ordini o assegnavo piccoli compiti, ma questo metodo non è più efficace quando i figli crescono. Diventa necessario trasformare l'ordine impartito in una collaborazione volontaria



Il processo del problem solving

Con le parole problem solving si intende l'attività di pensiero necessaria per raggiungere l'obiettivo desiderato a partire da una determinata condizione
Immaginiamo quindi che si presenti un problema, più o meno grande, che vede coinvolto nostro figlio. Può essere arrivare sempre in ritardo a scuola, ma anche qualcosa di molto più grave.
E' facile capire che la sbrigativa soluzione preconfezionata "ora ti scrivo una giustificazione per il ritardo" oltre che non insegnare nulla al ragazzo (ne parlerò dopo) non sviluppa in lui la competenza del problem solving, né tanto meno può essere utilizzata a lungo.

La mia esperienza professionale (ehi, ragazzi, ho una certificazione di Solution Developer!!) mi ha portato a sviluppare uno schema in due parti per allenare i ragazzi alla ricerca di una soluzione efficace. Lo spiego utilizzando un problema legato ai ritardi a scuola che io e mia figlia abbiamo risolto proprio in questo modo.

FASE 1 - ANALISI
Parlare insieme del problema. Per poter analizzare efficacemente il problema e le cause occorre calma e lucidità, è necessario non essere inquinati da emozioni forti o interruzioni esterne. La fretta e la rabbia di una mattinata partita male non sono certamente lo scenario adatto. Per parlare insieme dobbiamo trovare un momento e un luogo adatti.
Chiedere informazioni. Utilizziamo una domanda aperta evitando i soliti "che succede?" o "va tutto bene?". 
Quando vidi mia figlia arrivare sbattendo al borsa e parlare arrogantemente a suo fratello, le chiesi: "ti vedo preoccupata, è successo qualcosa a scuola?"
Ascoltare la risposta dando al ragazzo il tempo di elaborare
Mia figlia ci mise un bel po' a spiegarmi che la giustificazione dei  ritardi veniva comunque contata e i ragazzi che ne avevano più di tre venivano rimproverati davanti a tutti. Questo le causava molto imbarazzo, ma si opponeva decisamente ad un mio intervento con le maestre.
Confermare il problema. A questo punto dobbiamo comunicargli di aver ben compreso il problema senza reagire. Può darsi che quando lo ascoltiamo lo stiamo già giudicando (incompetente, svogliato, timido, maleducato, aggressivo...) ma reagire non è la soluzione giusta se svogliamo sviluppare in nostro figlio il pensiero critico.
Quello che dobbiamo fare invece è ripetere con parole nostre il problema (nel mio campo questa fase prende il nome di validazione dell'anomalia).
Le dissi qualcosa sul fatto che avevo capito che veniva rimproverata del ritardo malgrado la mia giustificazione scritta, e che capivo il suo imbarazzo nell'essere messa alla berlina davanti ai suoi compagni. Però se non voleva un mio intervento diretto, era necessario pensare ad una soluzione insieme.

FASE2 - ELABORAZIONE
Brainstorming. Quando il problema è ben chiaro, occorre ragionare insieme su una possibile soluzione. Invece di suggerire una o più soluzioni, il nostro ruolo dovrebbe essere di stimolare in lui la ricerca di una sua soluzione. Ascoltare le idee dei figli è spesso sorprendente (personalmente mi stupiscono per l'altruismo e la bontà che dimostrano nella risoluzione dei conflitti e la loro incredibile capacità di perdono).
Nel nostro caso, dopo aver pensato che non sarebbe riuscita a fare le cose più velocemente perché alla mattina è molto stanca, mia figlia mi propose di andare a scuola da sola senza attendere che il fratello più piccolo fosse pronto. 
Pianificare la soluzione. Fra le proposte di soluzione ne va adottata una, ragionandola per passi, se necessario. Possiamo proporre di tentare di applicarla per qualche giorno e poi riparlarne. 
Nel nostro caso la sua soluzione era assolutamente praticabile: aveva un'età che le permetteva una certa sicurezza e autonomia e l'attraversamento della strada più trafficata era presidiato da un vigile urbano. Attuammo la sua soluzione fin dal giorno successivo.
Verifica. Infine occorre  valutare se la situazione è migliorata e se è davvero la soluzione individuata è quella che risolve il problema. Meglio ricordarci  noi di chiederglielo, perché può darsi che nostro figlio non venga mai a dirci che il problema è finalmente risolto. 
Quando a distanza di una settimana chiesi a mia figlia se le maestre l'avessero più rimproverata per il ritardo, facendo spallucce mi disse "no no" con una vocina buffa, come se il problema non fosse mai esistito.




Non sistemare tutto!

Desiderare che nostro figlio impari a ragionare da solo, analizzare le situazioni e trovare soluzioni, significa concedergli abbastanza spazio per provare le sue capacità.
Quando iniziamo a parlare di una qualsiasi problematica in cui è coinvolto, dobbiamo sforzarci di non proporre subito la nostra soluzione "perfetta e collaudata" o di risolvere il problema al posto suo.

Un giorno mio figlio è rientrato piangendo: "Vercingetorige ha versato l'acqua sul mio blocco dei disegni!!"
Il mio primo pensiero è stato: "Domani parlo con la maestra e sistemo tutto!"
In questo periodo stiamo lavorando molto sulla sua autostima e mi sto allenando a non risolvergli proprio ogni cosa per fargli capire che anche lui ha la forza per affrontare i piccoli problemi di un bimbo di sette anni. Così ho contato fino a dieci.
Cosa avrebbe imparato altrimenti? A cercare la mamma per ogni problema. Non avrei fatto molti passi verso la sua autonomia, e nemmeno nel rafforzare la sua autostima. L'avrei trattato da bimbo piccolo.
Forse non è molto nelle nostre corde, ma se si trattasse di un adulto a chiederci aiuto, che faremmo? Se un collega o un amico ci esprimesse un problema simile, atti vandalici sul luogo di lavoro, gli diremmo forse che ci pensiamo noi? "Adesso chiamo il tuo caporeparto e sistemo tutto!"
Io propendo per soluzioni diverse:
  • Oh no! Cos'è successo? Spiegami tutto...
  • Il tuo blocco è rovinato o si può recuperare?
  • E dopo cos'è successo? Qualcuno ha fatto qualcosa?
  • L'hai detto a qualcuno? Forse c'è qualcuno che dovrebbe saperlo...
  • Posso aiutarti in qualche modo?

Queste frasi si adattano sia ad un bambino di sette anni bullizzato dal compagno, sia al collega vessato sul lavoro. Sono parole che mostrano rispetto per la capacità di giudizio dell'interlocutore e  fiducia nella sua abilità di risolvere i problemi.

Inizialmente non sarà facile, perché il nostro istinto è quello di proteggere nostro figlio, compreso risolvere i problemi al posto suo. Ora che è cresciuto, diventa però necessario, affinché abbia la possibilità di sviluppare le sue capacità critiche e sociali, che il processo di ricerca della soluzione venga condiviso e non fornito in un pacchetto regalo.

La prossima volta che si presenterà a noi con un problema, o ci accorgeremo di un assillo che lo turba, prendiamoci il tempo di un profondo respiro per evitare di imporgli la nostra soluzione confezionata col fiocchetto delle buone intenzioni.
Aiutarlo a crescere comprende anche permettergli di sbagliare e aiutarlo a rimediare all'errore. Lo abitueremo così a trovare nuove soluzioni ai nuovi problemi che dovrà affrontare in futuro.




Articoli sullo stesso argomento:
Parte 1
Parte 2: Rispondere o reagire
Parte 3: Consolidare il legame

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