Qualche giorno fa, mentre mi recavo al lavoro mi ha colpito il comportamento di un ragazzo in attesa dell'ascensore. Era ben vestito, bancario probabilmente o qualche lavoro che richiede un rapporto col cliente, e immerso nella consultazione del suo cellulare. Sentendomi arrivare ha alzato lo sguardo verso di me, ha chiaramente intuito che stavo per salutarlo, quindi ha abbassato in fretta lo sguardo sul suo dispositivo mobile. Riconnettendosi lontano da qui.
Ho pensato alle decine di persone che passano dallo stesso ascensore ogni mattina e che spesso saluto. Persone che incontro regolarmente, di cui non so nulla e che non sanno niente di me, ma che per il solo fatto di condividere il luogo di lavoro o il bar della colazione, rispondono al mio saluto o scambiano due parole veloci prima di entrare nell'enorme palazzo di vetro e metallo.
Connessioni al reale. Cose che accadono qui e ora.
Salve, buongiorno. Freddino oggi eh? Good morning. Che caldo, speriamo che piova... Buon lavoro. Have a nice day. Buona giornata a lei.
Entrando in ufficio le parole svaniscono, ma resta quell'augurio che mi permette di cominciare la giornata nel modo giusto. Connessioni.
Ho ormai perso il conto di quante persone, anche intime, hanno difficoltà ad alzare la testa dal cellulare mentre gli parlo, continuando a scrollare, cliccare o addirittura telefonare. E non parlo solo di giovanissimi, ma persone di ogni età. Ad eccezione dei più anziani.
Due giorni fa un'infermiera dell'ospedale mi ha raccontato un'aneddoto accaduto poco tempo fa quando un papà, uscendo dal reparto con la testa sul telefonino, ha inciampato ed è rimasto contuso, trasformandosi da visitatore a paziente per colpa del suo iphone.
Sto pensando di adottare un'andatura rettilinea per mettere alla prova questi smartphone addicted, invece di avanzare a piccoli cerchi cercando di evitarli nelle passeggiate estive, ma sono certa che mi urlerebbero in faccia "guarda a dove vai!" invece di riporre la loro elettronica appendice.
Allora mi sovviene la reazione violenta dei miei figli quando gli chiedo di mettere via il giochino. Mio figlio è ancora troppo piccolo per possedere un cellulare, ma ogni tanto gioca con il Nintendo o la PS2 (lo so, è vecchiotta, ma basta quella). Mia figlia più grande ha un cellulare economico per chiamarmi quando è a casa del padre, ma ovviamente lo usa anche per chiacchierare con le amiche e giocare alla "fattoria". Lei è abbastanza consapevole da riporlo quando lo chiedo, ma il piccolo reagisce malamente e diventa sgarbato.
D'altra parte dobbiamo riempire la loro giovane vita di esperienze interessanti se vogliamo che siamo meno dipendenti da tablet e console. Quello che offriamo deve essere assolutamente più interessante e coinvolgente, brillante e ispirante, così dal convincerli a riporre i dispositivi, anche se a volte non è sufficiente. Non basta allungare un gioco da tavolo, una scatola di pennarelli, un giocattolo nuovo di zecca.
Se ricordo la mia infanzia gadget free, penso ad un mondo dove i bambini di tutte le età giocavano insieme, all'aperto, incuranti del tempo. Ora abbiamo difficoltà a farli uscire, pensando alle mille insidie della strada, e anche se lo facciamo, fuori non c'è nessun altro bambino con cui giocare.
In un assolato pomeriggio ho convinto i miei bambini ad uscire anziché giocare alla PlayStation promettendo che avrei corso anche io in bicicletta insieme a loro. Non lo facevo da vent'anni, ci siamo proprio divertiti e abbiamo rimediato qualche sbucciatura medicata con le foglie di un albero.
* screen time è il temine in lingua inglese con cui si indica il tempo che complessivamente viene dedicato a TV, computer, console, smartphone e tablet. Il termine è stato coniato dall'Associazione Pediatri Americani e ha in generale un'accezione negativa essendo collegato ai disturbi di concentrazione e ai problemi relativi ad un'eccessiva sedentarietà.
Ho pensato alle decine di persone che passano dallo stesso ascensore ogni mattina e che spesso saluto. Persone che incontro regolarmente, di cui non so nulla e che non sanno niente di me, ma che per il solo fatto di condividere il luogo di lavoro o il bar della colazione, rispondono al mio saluto o scambiano due parole veloci prima di entrare nell'enorme palazzo di vetro e metallo.
Connessioni al reale. Cose che accadono qui e ora.
Salve, buongiorno. Freddino oggi eh? Good morning. Che caldo, speriamo che piova... Buon lavoro. Have a nice day. Buona giornata a lei.
Entrando in ufficio le parole svaniscono, ma resta quell'augurio che mi permette di cominciare la giornata nel modo giusto. Connessioni.
Ho ormai perso il conto di quante persone, anche intime, hanno difficoltà ad alzare la testa dal cellulare mentre gli parlo, continuando a scrollare, cliccare o addirittura telefonare. E non parlo solo di giovanissimi, ma persone di ogni età. Ad eccezione dei più anziani.
Due giorni fa un'infermiera dell'ospedale mi ha raccontato un'aneddoto accaduto poco tempo fa quando un papà, uscendo dal reparto con la testa sul telefonino, ha inciampato ed è rimasto contuso, trasformandosi da visitatore a paziente per colpa del suo iphone.
Sto pensando di adottare un'andatura rettilinea per mettere alla prova questi smartphone addicted, invece di avanzare a piccoli cerchi cercando di evitarli nelle passeggiate estive, ma sono certa che mi urlerebbero in faccia "guarda a dove vai!" invece di riporre la loro elettronica appendice.
I bambini non hanno altro modo di comportarsi che imitando quello che vedono fare agli adulti che li circondano. Quindi se vogliamo che crescano con la testa nella giusta direzione noi tutti dovremmo guardare dalla stessa parte, e gli adulti dovrebbero farlo per primi.Se decidiamo di limitare lo screen time* dovremo imporre dei tempi, ma dobbiamo fare attenzione a non limitarli troppo. Non dimentichiamo che per loro è una cosa divertente, crescendo capiranno che ci sono altri modi di divertirsi e cose molto eccitanti da fare senza usare uno smartphone. Se limitiamo totalmente quel che vedono fare a noi e agli amici, otterremo solo dei figli ribelli e oppositivi, ossessionati da ciò che non possono avere, convinti di essere vittime di un'ingiustizia.
D'altra parte dobbiamo riempire la loro giovane vita di esperienze interessanti se vogliamo che siamo meno dipendenti da tablet e console. Quello che offriamo deve essere assolutamente più interessante e coinvolgente, brillante e ispirante, così dal convincerli a riporre i dispositivi, anche se a volte non è sufficiente. Non basta allungare un gioco da tavolo, una scatola di pennarelli, un giocattolo nuovo di zecca.
Se ricordo la mia infanzia gadget free, penso ad un mondo dove i bambini di tutte le età giocavano insieme, all'aperto, incuranti del tempo. Ora abbiamo difficoltà a farli uscire, pensando alle mille insidie della strada, e anche se lo facciamo, fuori non c'è nessun altro bambino con cui giocare.
I nostri figli sono nati in un mondo già pieno di strumenti tecnologici e hanno imparato a conoscerlo attraverso un dispositivo prima che con le loro mani, hanno la sensazione che senza uno schermo la realtà sia meno vivace. E' un aspetto di loro che tendiamo a dimenticare.Negli ultimi tre giorni ho applicato la limitazione dello screen time dando a mio figlio alcune alternative di gioco che aveva dimenticato, come Lego e puzzle, e quando si stancava chiedendomi se potevo dargli almeno il Nintendo, sfoderavo un gioco da tavolo della nostra ampia collezione "Io invece ho voglia di giocare alla Casa dei Sogni, facciamo una partita?"
Diamo ai figli il nostro tempo. Funziona alla grande.
* screen time è il temine in lingua inglese con cui si indica il tempo che complessivamente viene dedicato a TV, computer, console, smartphone e tablet. Il termine è stato coniato dall'Associazione Pediatri Americani e ha in generale un'accezione negativa essendo collegato ai disturbi di concentrazione e ai problemi relativi ad un'eccessiva sedentarietà.
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