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nel frattempo ne sono successe di cose

Ed eccomi lì 19 anni, 4 traslochi, 2 figli, 3 gatti e 15 chili dopo la mia prima convention, tornare alla STICCON per festeggiare il trentennale del club.
Era ora. E a pensarci bene sono un sacco di numeri.
Ché in un modo o nell’altro Star Trek ha determinato le principali tappe della mia vita, dalle serate sul divano nel 1979, quando capii che mio padre sarebbe stato il vero unico confidente della mia adolescenza, agli studi di elettronica per vivere almeno un po’ dell’allure spaziale dell’Enterprise, al marito-mancato klingon che diobono se lo capivamo prima!
Nel frattempo ne sono successe di cose.



Che vuol dire che siamo diventati vecchi. Personalmente, come il vino di sangue, mi trovo migliorata oltre che stagionata. E lievitata, ma questo è un tipico fenomeno del trekker nostrano.
Dipende dal fatto che molti di noi preferiscono le serie TV alla palestra, i planetari alle corse campestri e i bomboloni alle barrette low carb.

STICCON 1998 vs. Starcon 2016

Comunque non si chiama più STICCON, tanto per cominciare: l’anziana convention degli appassionati di Star Trek si è aperta al nuovo delle altre serie di fantascienza ed è diventata StarCon. Nuovo si fa per dire: Spazio 1999 (1973), Battlestar Galactica (1978),  Star Wars (1977), Doctor Who (1963), Stargate (1994) e poi baracchini colmi di manga anni ’90 e gadget nerd che ti si attaccano alle mani e al portafogli. 
Il mio outfit alla Kate Middelton spiccava non poco tra le T-shirt del Dottore e le uniformi federali, ma al mattino mi ero ripromessa di vestirmi con qualcosa che mi facesse sentire a mio agio e questo comprende essenzialmente un paio di décolleté. Era passato troppo tempo da quando non vedevo i miei amici e volevo far bella figura nascondendo lo scempio del tempo. Come diversivo e a giustificazione del mio girovita, abbiamo portato anche i bambini. 
Per i millennial è tutto nuovo, si capisce, e i miei figli ne sono rimasti entusiasti fra proiezioni del Doctor Who, cosplayer del sabato sera e artwork dei fan.

StarCon 2016

Osservando quel che ci accade intorno, non si può ignorare che il paradigma della vita moderna sono gli zombie e se si vuole un po’ di speranza per l’umanità dobbiamo continuare a guardare ai classici. Il futuro prospettato dalle nuove serie televisive è ben peggiore da quello immaginato da Star Trek & co.


Alla fine, malgrado l'effetto convention su gambe e portafogli, è stato un piacere rivedere i vecchi amici, parimenti lievitati, e alcuni degli amati personaggi delle nostre serie preferite.
Terry Farrell/Jadzia Dax, per dirne una: bellissima donna, di gran stile, ma con un gusto discutibile per le scarpe.

E addirittura William Shatner, il capitano (…tano…) James (…geims…) Tiberius (…berius…) Kirk (…kirk…!). Non scherzo.
E quindi adesso tutti penserete che eravamo lì a elemosinare uno sguardo o una stretta di mano da questi attori, sconosciuti ai più.


Sì, è così, in effetti.
Insomma, io ci sono andata molto vicino.
A parte il giorno prima quando, vessata dalla maestra di mio figlio e scalpitando per accompagnare quattro bestioline indisciplinate alla festa di compleanno, ho perso una telefonata dell’organizzazione e l’occasione di accompagnare Shatner in una pelletteria.
Nota per i trekker: sì, mi sono mancate le gambe quando due ore dopo ho visto i messaggi e le chiamate non risposte seguite da un “grazie lo stesso siamo tornati a Bellaria”.
Nota per la gente normale: sì, T.J. Hooker si è recato a San Marino come un turista qualsiasi per acquistare souvenir.
O la mattina della convention quando, preoccupata per il pianto del piccolo, non mi sono accorta di Terry che mi passava di fianco (la sua gonna ha toccato la mia!) e troppo tardi ho gridato a mia figlia "E' Jadzia Dax! E' Jadzia Dax!" Lo so, gli attori odiano essere appellati col nome personaggio, ma lei si è girata, mi ha considerata zero e sorridendole splendidamente ha stretto la mano a mia figlia novenne che nemmeno sapeva chi fosse. "Yes, I'm Jadzia Dax," ed è sparita nel cubo borg.
Nota per i trekker: mia figlia si sta facendo un ripasso di Deep Space Nine dalla terza stagione, due episodi al giorno ore pasti.
Nota per la gente normale: aveva un vestito favoloso.
Durante l'intera giornata ho avuto la chiara percezione di quanto tempo fosse passato. Di quanto entusiasmo se ne fosse inesorabilmente andato e di come i fatti della vita avvenuti nel frattempo avessero ossidato le paratie della navetta che mi aveva sempre condotto alla convention di Star Trek.


Diciannove anni ci separavano da quella mia prima convention, ma nel frattempo ad appannarsi era stato più che altro il futuro. La cosa difficile alla fine non è osservare il tempo che passa e che ci cambia, ma rendersi conto che quel che poteva essere alla fine non è mai stato e che le possibilità di cambiare si vanno via via assottigliando.

Il futuro.
Gli anni duemila.
Non sono affatto quello che ci aspettavamo nel 1985, vero Marty?

E così, mentre in Viale dei Tigli io ed altri trekker di mezza età osservavamo rispettosamente da lontano l'attrice di Star Trek sconosciuta ai più che prendeva un aperitivo circondata dalla security, nel tavolino a fianco al nostro una giovane youtubers dai capelli viola si sparafleshava di selfie con orde di adolescenti del tutto ignari del raduno di quarantenni nostalgici che si stava svolgendo a pochi metri da lì.



Alla fine della giornata, quel che più mi ha fatto riflettere è che il futuro che mi ero immaginata su quel divano nel '79 non ha macchine volanti e parità dei sessi, pace nel mondo o viaggi spaziali.
E' un futuro dove l'amore per la scienza e tutti i vantaggi che può portare al genere umano, rimangono confinati in un centro congressi, magari in teleconferenza con la Cristoforetti, ma davanti a poche decine di persone vestite con pigiamini gialli rossi e blu.
Lì, nel mondo reale, il futuro assomigliava ad una ventenne che carica video sul web. Devo ammetterlo, molto più disponibile di Terry.


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