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La città che dimenticò di respirare

La città che dimenticò di respirare
Sto leggendo questo libro. Lo tengo sul comodino, lo leggo prima di addormentarmi e devo dire che non è il momento migliore, perché fa un po' paura. Hanno ragione questi di horror.it quando dicono che c'è più horror in giro di quello presente nelle collane "dichiarate".
Il libro fa un po' paura, anche solo accennare alla storia mette a disagio. Posso farlo, poiché non l'ho ancora terminato e non svelerò alcun segreto per gli amanti di finali a sorpresa.
Siamo in questo paesino sull'Isola di Terranova in un mare grigio e morto, pieno di cadaveri e pesci orrendi.  C'è una vecchietta che parla con gli spiriti, ma da un po' di tempo gli spiriti non le parlano più. Gli abitanti del posto cominciano a morire di una strana malattia. Il medico del paese è sbigottito, non si tratta di una epidemia, ma neanche di una malattia che preveda dei sintomi o delle evidenze. La gente semplicemente smette di respirare. Si stanca di respirare.
Non l'ho ancora terminato per un solo motivo. Per quanto ben scritto, la traduttrice ha usato un dialetto italiano per simulare i dialoghi nel dialetto locale. Non solo spezza incredibilmente l'atmosfera onirica del racconto, ma a chi non conosce quel preciso dialetto risulta a tratti incomprensibile e la fluidità del romanzo ne risente enormemente. Per il resto è una storia intrigante che si leggerebbe tutto di un fiato, dimenticando davvero di respirare. Uno di quei romanzi da leggersi in lingua originale

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