Durante la gravidanza ho capito che non avrei (mai) più riposato come prima¹. Col pancione mi svegliavo spessissimo per la pipì o perché ero scomoda, ma sapevo che nata la piccola ci sarebbero state le poppate notturne. Un tempo per dormire mi serviva il silenzio e il buio praticamente totale. Ho passato notti lunghissime ospite di amici con terribili videoregistratori dall'inquietante luce verde, i peggiori sono quelli che non mettono l'ora e il display mostra a intermittenza l'ora zero 00:00:00!
In ospedale avevo imparato a dormire con la luce, i pianti e i lamenti delle gestanti. Dieci giorni lunghissimi, quattro prima, per indurre il parto e sei dopo, a causa della bilio. In quei dieci giorni ho avuto compagne di stanza con telefonini dai suoni invadenti, parenti ancora più invadenti, bebè frignanti, morsi uterini da far urlare, luce sempre accesa a controllare il nuovo nato. E la luce del corridoio, con l'infermiera di turno che apre la porta che tu ostinatamente vai a socchiudere per fare quella penombra appena necessaria all'assopimento. Adesso posso addormentarmi ovunque, venisse il sonno.
Sì, perché passati due mesi dal parto, non ho più quella stanchezza che mi permetteva di dormire in piedi. Adesso sto benino e vado a letto la sera e mi risveglio la mattina, dormirei bene se non fossi circondata. Sì, perché sono una mamma, e alle mamme viene il terzo orecchio. Sobbalzo quando il frigorifero fa quello stano rumore simile al vagito di un neonato, mi sveglio quando mio marito si gira nel letto, mi alzo se sento il cigolio della carrozzina.
In questi giorni Gemadhar è raffreddato e sono circondata. A sinistra ho lui che mi sveglia con i colpi di tosse, quindi comincia Pallina con i gemiti del mal di pancia e spinge spinge finché si libera dell'aria, a quel punto potrei addormentarmi, ma il tizio del piano di sotto beve tutta sera e passa la notte ad urlare nel sonno contro la buonanima della moglie, mentre i condizionatori della macelleria mi attaccano dal palazzo di dietro. Se mi sveglio dopo le quattro, faccio mattina fissando il soffitto.
¹ «Avevo avuto un bambino da appena due settimane quando mi fu chiaro che non mi sarei mai più sentita riposata. Be', forse non proprio mai più. Avevo un filo i speranza che magari quando sarebbe andato al college avrei avuto un'intera notte di sonno. Ma ero dannatamente sicura che ciò non sarebbe accaduto durante la sua infanzia.» S.K.Shelton, Sleeping through night and other lies
In ospedale avevo imparato a dormire con la luce, i pianti e i lamenti delle gestanti. Dieci giorni lunghissimi, quattro prima, per indurre il parto e sei dopo, a causa della bilio. In quei dieci giorni ho avuto compagne di stanza con telefonini dai suoni invadenti, parenti ancora più invadenti, bebè frignanti, morsi uterini da far urlare, luce sempre accesa a controllare il nuovo nato. E la luce del corridoio, con l'infermiera di turno che apre la porta che tu ostinatamente vai a socchiudere per fare quella penombra appena necessaria all'assopimento. Adesso posso addormentarmi ovunque, venisse il sonno.
Sì, perché passati due mesi dal parto, non ho più quella stanchezza che mi permetteva di dormire in piedi. Adesso sto benino e vado a letto la sera e mi risveglio la mattina, dormirei bene se non fossi circondata. Sì, perché sono una mamma, e alle mamme viene il terzo orecchio. Sobbalzo quando il frigorifero fa quello stano rumore simile al vagito di un neonato, mi sveglio quando mio marito si gira nel letto, mi alzo se sento il cigolio della carrozzina.
In questi giorni Gemadhar è raffreddato e sono circondata. A sinistra ho lui che mi sveglia con i colpi di tosse, quindi comincia Pallina con i gemiti del mal di pancia e spinge spinge finché si libera dell'aria, a quel punto potrei addormentarmi, ma il tizio del piano di sotto beve tutta sera e passa la notte ad urlare nel sonno contro la buonanima della moglie, mentre i condizionatori della macelleria mi attaccano dal palazzo di dietro. Se mi sveglio dopo le quattro, faccio mattina fissando il soffitto.
¹ «Avevo avuto un bambino da appena due settimane quando mi fu chiaro che non mi sarei mai più sentita riposata. Be', forse non proprio mai più. Avevo un filo i speranza che magari quando sarebbe andato al college avrei avuto un'intera notte di sonno. Ma ero dannatamente sicura che ciò non sarebbe accaduto durante la sua infanzia.» S.K.Shelton, Sleeping through night and other lies
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